giovedì 10 settembre 2009

Non miliardi ma mesi: sempre numeri al lotto

Da quanti anni i piloni dell'incompiuto svincolo di Battipaglia danno sfoggio di se nelle piane della (fu) Magna grecia? Facile! Secondo il titolo del Corriere sono 50 anni. Il che vuol dire 1959 grosso modo. E che traffico poteva mai esserci nel 1959 (la nuova500 è del 1957) da richiedere la costruzione di un nuovo svincolo? Intrigante! Leggendo, dopo poche righe, il periodo dell'incompiuta si riduce a "quasi mezzo secolo". Richiamando l'ex presidente della Regione si fa riferimento a "più di quarant'anni". Infine si dice che il primo stanziamento (non quindi apertura dei cantieri) risale al 1984. Venticinque anni quindi! In tempo di recessione e timori di deflazione a gonfiarsi son solo i titoli del Corriere.

mercoledì 9 settembre 2009

Derivati: numeri al lotto

Senza farla molto lunga, oggi una pagina intera del Corriere è dedicata a Rizzo e alla questione dei Comuni che con troppa leggerezza hanno fatto ricorso ai derivati finanziari. L'articolo riporta una stima dei debiti che i Comuni devono fronteggiare a fronte di tali strumenti: 27,2 miliardi. Solo che in luglio, la Banca d'Italia in una testimonianza resa in Senato ha presentato una relazione dettagliata nella quale le perdite potenziali collegate a derivati risultano dell'ordine di un miliardo. E' vero che i dati di Bnkitalia fanno riferimento solo all'operatività con banche in Italia, ma da 1 a 27 di spazio ce ne corre. Tre brevi considerazioni. Uno, se anche il grande Rizzo non sa resistere al sensazionalismo è finita. Due, in un momento come questo dove gli occhi degli operatori sono puntati sul bilancio pubblico per scorgerne le prime irrecuperabili crepe articoli di questo tipo non aiutano. Tre - più in generale - si tratta forse di un esempio del vezzo italico di mettere a scrivere di economia gente che altro non potrebbe fare. Chissà se e quando anche da noi allignerà il costume di avere un economista a scrivere, in manierra comprensibile, di questioni economiche.

venerdì 31 luglio 2009

Per Napolitano la prova del nove

Come giornali e tv hanno sottolineato, il Governo si è impegnato a correggere alcuni passaggi del decreto anticrisi per poter incassare il via libera del Capo dello Stato. Solo che questo quadretto bucolico da democrazia matura è stato incrinato dall'impennata del vulcanico Tremonti che pestando i piedi ha detto di non voler modificare la norma sule riserve auree della Banca d'Italia. Perchè? Perchè "l'oro appartiene al popolo". Bella frase, da caudillo sudamericano però. Perchè non si capisce che diritto abbiano gli italiani di oggi a frusciarsi delle riosorse che appartengono a un'entità mistica (culturale? storica?), il popolo appunto, che unisce in una sola entità gli italiani di ieri, di oggi e di domani. Non si capisce che razionalità economica ci sia dietro la vendita di attivi patrimoniali per finanziare spesa corrente (ciò non vuol dire che non ci possa essere, ma se ci fosse sarebbe bello esserne resi partecipi). Ma non è questo l'aspetto più importante. Quello sul quale vorrei invitarvi a riflettere è che i trattati europei hanno nel nostro ordinamento giuridico rango costituzionale. E la BCE dà pareri su quelle materie che possono intaccare l'autonomia del sistema europeo di banche centrali. E la BCE di pareri in materia ne ha già resi due, entrambi chiari nell'etichettare la norma proposta dal Governo italiano come lesiva dell'autonomia della banca centrale italiana e come tale contraria allo spirito e alla lettera dei trattati. Visto che i pareri sono stati resi noti, in italiano, giorni fa e che sono peraltro stati trasmessi direttamente anche alle autorità italiane nessun politico può dire di non sapere. Se la norma sull'oro rimane nella versione finale del decreto, il decreto conterrà una norma palesemente incostituzionale. E il Presidente della Repubblica cosa farà? Ammettiamo che da signore non si curi dello sfregio istituzionale che questo governo ha inteso arrecargli, non vorrà mica farne uno di suo alle istituzioni europee e, quel che più conta, al nostro stato di diritto. Forza Giorgio, fa qualcosa di democratico!

martedì 7 luglio 2009

Ma non ditelo a Brunetta

Che forse troppo impegnato a far le pulci al buon Tremonti (lotte tra titani dell'economia) dal ridotto della Funzione pubblica non si è accorto che il Decreto legge n.78 del 1° luglio 2009 ristabilisce le vecchie fascie orarie di reperibilità per i dipendenti della pubblica amministrazione (10.00 -12.00; 17.00 - 19.00). Solo che alcuni mesi fa la norma fu spacciata per una grande innovazione; ora la si sopprime alla chetichella. Se fu un errore introdurla (come alcuni sostennero visto che costringeva ad una sostanziale reclusione le persone) sarebbe bello, trasparente e responsabile ammettere l'errore. Se di errore non si trattò, bhè allora cosa sta succedendo? Una controrivoluzione?

sabato 21 febbraio 2009

Conclave liberale

Scrivo mentre De Luca e Diaconale sono impegnati in un faccia a faccia che potrebbe regalare una conclusione unitaria ed ecumenica al quinto congresso del PLI. Abbiamo fin qui assistito ad una due giorni di dibattito teso, a tratti aspro, con pochi spunti di grande valore.

Questo congresso è iniziato con una squadra, quella di Diaconale, votata all'attacco e con una arroccata in difesa, pronta a prendere in contropiede gli avversari al primo cenno di amnesia. Questa schematizzazione si è incagliata, da subito, sulla questione delle circa 200 tessere inoltrate oltre i termini previsti; leggerezza imperdonabile che ha pesantemente condizionato tutto il congresso. Un congruo numero di partecipanti è rappresentato da allegre scolaresche, piene di entusiamo, pronte a mettersi in gioco, ma totalmente inesperte.
Una conclusione unitaria è forse comprensibile, ma contro lo spirito di questa assise. De Luca ha gestito in maniera personalistica e verticistica il partito; ha sempre mirato a strappare un seggiolino piuttosto che a dare un'organizzazione e un radicamento al partito. Ha preferito, alle ultime politiche, cercare un accordo con tutti, anche con l'UDC, piuttosto che decidersi a raccogliere le firme. E anche quando la legge gli consentiva di presentare a gratis delle liste si è deciso a scendere in campo col simbolo del PLI solo dopo che anche le ultime porte di servizio erano state sbattute sul muso. Dopo le lezioni, per mesi, il partito non ha avuto una linea, non ha messo in cantiere uno straccio di iniziativa, frustrando le aspettative della maggior parte dei sui 103 mila elettori.
L'alternativa era chiaramente Diaconale. Cosa ci guadagna il direttore a dare tregua al segretario uscente? Se il direttore fosse uscito sconfitto dalla conta sarebbe rimasto nel partito, smentendo di fatto le voci cattive, e si sarebbe rafforzato regolarizzando le tante iscrizioni oggi escluse dal voto, legittimando la sua ascesa alla segreteria poco dopo. Se il patto dell'Aran sarà sottoscritto, il segretario avrà modo di arruolare nuove truppe cammellate, avrà modo di annacquare le istanze dei nuovi venuti, stempererà gli ardori con un abbraccio soporifero e, soprattutto, farà ricadere parte della responsabilità del verosimile scarno risultato alle prossime europee anche su Diaconale.
Anche attraverso una contrapposizione e, se necessario, attraverso una lacerazione questo poteva essere il congresso del rilancio di una politica liberale chiaramente identificabile come tale. Rischiamo invece di assistere ad un ennesimo rinvio, figlio di pastette, di compromessi e, in parte, della paura di essere coerenti con le proprie posizioni iniziali. E su queste basi non si costruisce una forza politica autonoma che possa parlare con autorevolezza e credibilità alla socieà italiana.

martedì 10 febbraio 2009

Idea per un decreto

Il Governo ha sottolineato più volte come i decreti siano per certi versi essenziali per poter dipanare in maniera efficace la propria attività. Se oggi non stiamo meglio di quanto sarebbe stato possibile è anche perchè qualcuno si è messo di traverso sulla strada di alcuni decreti che il Governo aveva delineato e in certi casi varato: opposizione, franchi tiratori, presidenti.
Per coerenza, a questo punto, il Governo non può che andare avanti su questa via, ricorrendo ai decreti legge spesso e volentieri.
Vi è però un intervento che ci sentiamo di poter suggerire. Si tratta di un intervento necessario ed urgente che nessuno potrebbe permettersi il lusso di non riconoscere come tale. Si tratterebbe di un testo molto breve e privo di tecnicismi. Suonerebbe pressapoco così: "Dal giorno successivo alla pubblicazione del presente decreto l'infelicità non avrà più diritto di cittadinanza nel territorio della Repubblica".
Certo il Presidente, con quella faccia, potrebbe non apprezzare o comprendere l'iniziativa, ma non potrebbe darlo a vedere perchè altrimenti questa volta rischierebbe l'impeachment.

lunedì 9 febbraio 2009

Incentivi anticrisi al consumo

Merita di essere segnalata l'iniziativa del Centro studi liberali che propone un'analisi breve ed incisiva della questione relativa agli incentivi governativi al consumo di determinati beni per tentare di arginare gli effetti della crisi. Da buon liberale mi pregio di sottolineare due dettagli.
In primo luogo, emerge con chiarezza il fatto che i liberali più sono sinceri e più fanno a gara per alienarsi le simpatie del pubblico. Non che la simpatia sia necessaria per ponderare la giustezza di determinate tesi, ma visto che non si tratta di un contributo accademico, quanto piuttosto di una indicazione di policy, sarebbe opportuno creare il terreno affinchè essa possa avere effettivamente una possibilità di successo. Manca ogni riferimento, infatti, al ruolo che questi interventi possono giocare come "ammortizzatori sociali". Da un punto di vista economico (assumendo che da un punto di vista retorico i liberali ortodossi non siano disponibili a dare credito all'ipotesi) si può argomentare che in vari casi (documentati) il mercato non sconta gradualmente le informazioni, ma è soggetto, complici le aspettative, a repentine virate. Esempi del genere sono diffusi nell'ambito dei mercati finanziari, talvolta si manifestano anche in quello dell'economia reale. Cambi bruschi di passo possono generare una reazione eccessiva rispetto a quella che sarebbe necessaria per raggiungere l'equilibrio in situazioni più distese (overshooting). Questo fenomeno incide negativamente sull'efficienza del sistema economico, allo stesso modo che consumare tutto oggi e niente domani è una strategia perfettibile, in termini di efficienza, per quanto riguarda le scelte di allocazione delle risorse individuali. Un intervento pubblico potrebbe limitare gli effetti negativi della reattività esasperata svolgendo quindi un ruolo positivo. Chi scrive non presume che un ragionamento analogo sia stato esplicitamente alla base delle proposte avanzate e nemmeno che il governo sia in possesso di dati per dimostrare che i benefici del suo intervento siano superiori ai costi. Tuttavia, bene avrebbero fatto gli amici liberali a considerare questa eventualità e magari ancor meglio sarebbe stato cercare di individuare evidenza per smontare questa tesi.
In secondo luogo, mi pare che un aspetto diu questa ridda di voci non sia stata colta e sottolineata a dovere. Il susseguirsi di annunci di sgravi e contributi, in misura sempre crescente e per uno spettro di beni sempre più ampio, incide sulle aspettative degli agenti economici (consumatori in primis, ma anche produttori) inducendo come effetto immediato una contrazione dei consumi. Chi vorrebbe e potrebbe acquistare determinati beni preferisce aspettare per poterdi beneficiare degli sgravi. Più confusione si fa e meno decisamente e in maniera trasparente si agisce tanto maggiore sarà l'effetto sostituzione, dato da un mero arbitraggio intertemporale degli acquirenti. E così facendo si sminuisce l'efficacia del provvedimento (con l'analisi in termini di efficienza mutuabile dal punto precedente) incrementando la porzione di spesa pubblica destinata a non sosrtire gli effetti attesi.

giovedì 5 febbraio 2009

Decreto Eluana: attentato alla vita delle istituzioni liberali

Circola in queste ore la voce che il Governo stia pensando di emanare un decreto legge per impedire che la sentenza della Cassazione a proposito del caso Eluana possa produrre i suoi effetti. Si traterebbe, nel caso si passasse dalle parole ai fatti, di un attentato alla vita delle istituzioni liberali nel nostro paese, un primo passo verso la repubblica degli ayatollha all'amatriciana.
Chi scrive ritiene che un segno evidente dell'arretratezza di questo nosro paese sia rappresentato dall'assenza di una legge che tuteli la volontà dell'individuo anche in circostanze estreme.
La questione però è differente, perchè, come più volte illustrato e sottolineato dal padre di Eluana, in questo caso c'è una lunga trafila di passaggi nei tribunali della Repubblica. E alla fine di questi lunghi ed estenuanti passaggi vi è una sentenza della suprema corte che riconosce un diritto e sancisce un principio.
I decreti nel nostro ordinamento si possono emanare solo in circostanze eccezionali di comprovata necessità e urgenza. Quali sono queste circostanze, tali da giustificare che il Governo esautori il Parlamento su una questione di natura etica? E perchè mai il Parlamento dovrebbe essere costretto a deliberare su una questione così importante nel termine implicitamente definito dalla vigenza del decreto prima di decadere? E perchè, più in generale, il Parlamento dovrebbe legiferare su questioni etiche senza garantire la massima libertà ai singoli individui?
Se il Governo ritiene che in maeria ci sia un vuoto legislativo, una legge dello Stato (n. 400 del 1988) lo autorizza a intervenire attraverso la produzione di un Regolamento. Se il Governo non intende procedere per questa via vuol dire che implicitamente riconosce che le norme del nostro sistema sono in grado, pur in maniera farraginosa, di tutelare la volontà di Eluana. Un intervento avente forza di legge in materia rappresenterebbe un intervento contro la volontà e i diritti di un singolo cittadino, cosa abominevole per uno Stato moderno.
PS: mi spiace che una questione individuale debba assurgere al ruolo di bandiera e di simbolo. Per quel che può valere, esprimo la mia solidarietà umana nei confronti della famiglia di Eluana.

martedì 27 gennaio 2009

Per non dimenticare l'orrore nazista

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

domenica 25 gennaio 2009

Commenti alla mozione di Impegnati-UPL al congresso del PLI

Cari amici, ritengo che la vostra iniziativa in quanto trasparente e alla luce del sole sia meritevole di apprezzamento. A ridosso di un congresso sarebbe infatti opportuno poter avere almeno un'idea della materia del contendere. Le linee generali del documento sono interessanti e condivisibili. Ci sono però dei dettagli che, a mio modo di vedere, lasciano a desiderare forse per una elaborazione troppo concentrata nel tempo. Spero che possiate accogliere con spirito costruttivo i rilievi critici che colgo l'occasione di presentarvi. Punti 1 e 2: ottimi. Punto 3: come si concilia con l'attuale statuto? Punto 4: ma se in 2 si è criticata l'azione del PDL e si pongono condizioni per un'alleanza, l'esordio del punto 4 è incoerente o, nella migliore delle ipotesi, limita fortemente il potere negoziale (visto che si indica un solo esito come coerente con le disposizioni congressuali). Inoltre, pensare che disposizioni dal centro siano il regolo per le alleanze alle amministrative è una posizione molto old stile che non collima con le esigenze e le istanze locali. Nell'appendice 1, quando si parla di "potere economico", si propugna a cuor leggero la bancarotta del sistema previdenziale pubblico (ve ne sarete accorti, no, che questo implica dire come voi fate: abolizione dell'obbligo di versamento dei contributi all'inps) e allo stesso tempo e sullo stesso piano l'inezia dell'abolizione dei sostituti d'imposta A proposito di Valori Naturali non mi è chiaro come in un contesto liberale lo Stato Liberale possa e debba introdurre la religione (laica) (feticcio) della moralità che si declina nell'onestà. Naturalmente nulla contro l'onestà e i suoi cultori, ma sono sempre un po a disagio quando la politica deve essere impostata su binari morali che come tali pre-esistono all'agire politico. Il passaggio successivo è preoccupante. Dopo aver esordito con la libertà e la proprietà privata, dopo esser passati per l'onestà, si arriva ai graffiti al congiuntivo e all'accademia della crusca. Scelta forse eccessiva, quantomeno nel paragrafo dei "Valori Naturali". Gli interventi delineati alla fine del paragrafo tornano ad essere incisivi, coerenti, appropriati. Il terzo paragrafo, titolato "Orgoglio italiano" ha un tono un po' troppo da sparata. Non vi sottraete al (talvolta tragico) errore di considerare la politica estera come strumento di prestigio e non come strumento per la tutela degli interessi nazionali. Non è chiaro cosa vogliate dall'Europa, cosa proponete per lei e come si colleghi all'orgoglio italiano. Spero che i miei commenti possano esservi utili per mettere a punto alcuni aspetti. Buon lavoro e a rivederci al congresso. Cari saluti, Dino Barti.