sabato 23 febbraio 2008

Federalismo: ritorno al Medioevo?

Quando nel nostro paese si parla di federalismo il mio pensiero va alla scena del film "non ci resta che piangere" in cui compare una dogana dove il responsabile pretende più volte il pagamento di una gabella: il famoso "quanti siete, dove andate, un fiorino". Questo perchè, a mio avviso, la riforma dello Stato centralizzato non è stata affrontata pensando ad una soluzione ottimale, capace di favorire la partecipazione democratica dei cittadini, ma è sostanzialmente la sommatoria dei prezzi politici che varie coalizioni nel corso degli anni hanno pagato alla Lega per tirarla dalla loro parte. E' difficile riscontrare una qualche logica in una suddivisione delle competenze legislative chiara solo a parole, in proclami altisonanti e nel permanere di una finanza locale che deriva il grosso delle sue risorse dai trasferimenti dello Stato. La prossima regionalizzazione dell'Italia sarà verosimilmente l'occasione per passare dall'ottusa e onnipresente burocrazia statale a 20 pregevolissime burocrazie regionali. Tale esisto dovrebbe essere scontato data la smania di protagonismo delle classi politiche locali e la tendenza alla differenziazione sempre più accentuata. Con la regionalizzazione si pongono le basi per introdurre nella nostra società delle forti discriminazioni. Formalmente si pongono sullo stesso piano tutte le regioni. In pratica, la differente estensione territoriale, la popolazione e la distribuzione fortemente eterogenea del potenziale economico faranno si che le capacità progettuali e operative di alcune regioni saranno fortemente limitate. Andrebbe forse approfondita la riflessione secondo cui alcune regioni sono entità storicamente e socilmente definite, altre sono delle fittizie entità amministrative, prive d'anima. Se il federalismo va inteso come l'occasione che questo popolo ha per darsi delle regole più vicine alle esigenze e alla sensibilità dei cittadini bisognerebbe ripensare il numero, i confini e l'articolazione delle Regioni in modo da avere macroaree nelle quali abbia un senso articolare politiche. E bisognerebbe necessariamente ripensare in maniera organica le funzioni da far svolgere al pubblico, eliminandone svariate, dirigendo a livello locale la capacità operativa, riservando al centro politiche d'indirizzo che per la loro definizione richiedono uno staff relativamente piccolo. Va da se che in uno scenario di seria riforma l'accrocco delle province dovrebbe essere risolto con la loro immediata abolizione. Purtroppo penso che dalla stasi dell'oggi il federalismo tornerà all'onore delle cronache solo quando sarà conveniente pagare un ulteriore prezzo, per ulteriore servigi. Con buona pace dello spirito riformista.