giovedì 30 agosto 2007

La mediocre commedia delle riserve auree

Anche quest'estate, in occasione dell'approvazione del DPEF, puntuale è tornata in auge la possibile cessione dell'oro conservato nelle segrete della Banca d'Italia. I promotori di tale iniziativa fanno notare che la cessione consentirebbe di ridurre lo stock di debito pubblico e, di riflesso, la spesa per interessi che tale debito accompagna. La proposta però è, nella sostanza, molto più stupida di quanto possa apparire di primo acchito. Per vari motivi. In primo luogo la proposta ipotizza che l'intero ammontare di riserve possa essere ceduto sul mercato in un determinato momento ad un prezzo dato. Tale ipotesi non regge sia perchè l'immissione di ingenti quantità d'oro sul mercato farebbe calare, forse drasticamente, il prezzo, sia perchè impegni da tempo sottoscritti a livello internazionale consentono alle banche centrali di cedere solo una parte delle proprie riserve auree e solo molto gradualmente. Va per inciso notato che i parlamentari promotori di tale iniziativa ignorano i patti sottoscritti solo qualche anno fa dal nostro paese! In secondo luogo si potrebbe registrare un effetto benefico sul versante del debito solo perchè il concetto di "debito pubblico" focalizza l'attenzione su una grandezza "lorda": si fa riferimento solo alle passività, disinteressandosi completamente dell'ammontare e della qualità dell'attivo. In effetti cedere un attivo di 100 per far registrare un calo di 100 nelle passività è un'operazione nella migliore delle ipotesi neutrale in quanto lascia inalterato il saldo netto tra attività e passività ovvero la ricchezza dell'operatore pubblico. Se consideriamo gli impatti sul mercato come sopra descritti e si tiene conto degli inevitabili costi di transazione è facile concludere che, verosimilmente, un'operazione del genere finirebbe col distruggere valore, peggiorando quindi la situazione. In terzo luogo, un'iniziativa del generebbe tenderebbe a migliorare in maniera artificiosa i conti pubblici in un certo periodo e quindi fornirebbe ai paladini della spesa l'occasione per rappresentare una pseudo realtà dei conti pubblici a loro uso e consumo. Sarebbe quindi più facile far passare per accettabili ulteriori interventi di spesa, affossando ancor di più la condizione delle finanze pubbliche italiane. Va detto chiaramente che ogni tentativo di distogliere l'attenzione del faticoso, ma necessario processo di riequilibrio delle finanze pubbliche italiane va condannato con decisione in quanto favorisce il prosieguo dello sperpero e non fa che rendere più salato il conto, già pesante, che grava sulle spalle delle giovani generazioni.