mercoledì 23 giugno 2010

Giulietto e i derivati

Il buon Tremonti tuona contro la scarsa trasparenza che a partire dagli strumenti finanziari derivati lambisce e intacca la stabilità del sistema finanziario nel suo complesso. Ma un ministro, quand'anche illuminato e armato di buoni propositi, ben poco può fare se il sistema finanziario non si decide ad adottare misure più rigorose. Quel che stupisce è che il ministro non sia coerente con le sue stesse enunciazioni di principio. Giace infatti da molti mesi inevasa la pratica della maggiore trasparenza dei contratti derivati degli enti locali italiani. L'ultima volta che si è avuta notizia della questione è quando è stata messa in consultazione una bozza di decreto di riordino della materia (settembre 2009). Inoltre, come sottolineato anche da alcune interrogazioni parlamentari, non si capisce perchè il Ministero non sia disposto ad adottare standard di trasparenza analoghi a quelli che intende accollare alle amministrazioni locali italiane per quanto riguarda la propria operatività in derivati. Se ci fosse una posizione chiara su questi due elementi sarebbe più facile interpretare e valutare la posizione perorata a livello internazionale.

martedì 18 maggio 2010

Spulciando tra le carte dell'unione europea - riflessioni poco edificanti di un euroburocrate

Il “braccio preventivo” del Patto di stabilità e crescita prevede che i paesi delineino un sentiero di convergenza delle proprie finanze pubbliche verso l’obiettivo di medio termine, definito come un saldo di bilancio in termini strutturali, ovvero al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure temporanee. Gli obiettivi di medio termine sono country specific e vanno rivisti periodicamente. Nel luglio del 2009 il Consiglio Ecofin decise di accogliere una nuova metodologia per definire il benchmark di riferimento. L’algoritmo nella sua interezza non è pubblico. Quel che è stato reso pubblico è un emendamento al “Codice di condotta” che definisce gli elementi di cui è necessario tener conto nella definizione degli obiettivi. Sulla base delle istruzioni del Codice i nuovi obiettivi di medio termine devono scontare 3 elementi: 1) la stabilizzazione del debito su livelli prossimi al 60 per cento del PIL; 2) uno sforzo aggiuntivo per consentire la convergenza a questo livello, qualora si parta da valori in eccesso; 3) un ulteriore fattore prudenziale, per tener conto di almeno una parte degli effetti dell’invecchiamento della popolazione. La nuova metodologia è stata utilizzata per la prima volta negli aggiornamenti dei Programmi di stabilità presentati tra il dicembre 2009 e l’aprile 2010. Dato l’intento di maggior rigore, peraltro sollecitato dall’accumularsi delle tensioni sul versante delle finanze pubbliche, sarebbe stato lecito attendersi dei cambiamenti di un certo peso. La ricognizione dei Programmi offre però un esito per certi versi spiazzante. Con riferimento all’area dell’euro, si registrano 5 cambiamenti su un totale di 16 paesi. In 3 casi l’obiettivo è stato cambiato delineando obiettivi meno ambiziosi. È questo il caso della Finlandia, dell’Irlanda e della Germania (quest’ultima muta il suo obiettivo di medio periodo da un pareggio a un deficit di mezzo punto di PIL). Evolvono in senso migliorativo solo Slovacchia e Lussemburgo. Ponderando per il prodotto, l’obiettivo dell’area passa dal pareggio a un leggero deficit. Come esordio per criteri più restrittivi non c’è male.