sabato 3 novembre 2007

Questa gioventù credevo mi avrebbe dato di più

Non ce la faccio a nascondere il mio stupore. La generazione degli attuali trentenni è quella che ha goduto del maggior benessere economico tra tutte quelle che l'anno preceduta nei decenni. E' quella che ha fatto esperienze, che ha buttato in cascina cultura e titoli di laurea. Eppure non ha una visibilità sociale adeguata, non è in grado d'imporre temi all'attenzione del grande pubblico, non sembra nemmeno in grado d'incazzarsi. Siamo quelli che erediteranno la terra del debito pubblico; quelli che pagano per i pensionati di oggi e per le pensioncine del domani; quelli che vedono il paese scivolare sempre più indietro; quelli che subiscono i sorrisetti increduli degli amici di ogni angolo d'europa quando raccontiamo come funzionano i servizi del nostro paese. Eppure nulla accade: non una protesta, non un tentativo di organizzare una proposta alternativa, nulla. Come gli autori della famosa lettera al Savonarola cerchiamo forse di accattivarci le simpatie di chi sta sul ponte di comando assicurando che "noi stiamo sotto, fermi,...e voi potete anche muovervi". Forse il dramma è che pensiamo di essere furbi, crediamo di aver trovato un pertugio nella rete dal quale poter uscire indenni senza pagar dazio alcuno. E invece la mancanza di civismo, l'assenza di una concezione forte della dignità personale, l'incapacità d'interpretare in maniera intransigente le forme della propria libertà personale sono tra i mali che ci stanno facendo sprofondare in questa palude di mediocrità. Eppure è possibile immaginare almeno un sentiero che possa farci fare dei passi in avanti, farci risalire un poco. Un sentiero che passa necessariamente per la riscoperta del senso della propria libertà, della bellezza dell'impegno individuale.